Leadership Familiare Carlo Romanelli

Leadership Familiare

di Carlo Romanelli

 

 Approfondiamo alcune caratteristiche peculiari dell’Italydership illustrate nel precedente editoriale.

Partiamo dalla Leadership Familiare, che certamente rappresenta una tra quelle fondamentali che ho indicato.

“La nostra bandiera nazionale dovrebbe recare una grande scritta:

”HO FAMIGLIA”

Longanesi (1947)

 

Il perché dell’impresa familiare

Siamo personali, ci piacciono le cose che sono solo per noi ma in una forma di individualismo ingentilito. Infatti siamo mossi dalla necessità di affermare la nostra persona, unicità e diversità senza rinunciare ad una dimensione sociale fatta di vicinanza relazionale, empatia e senso di responsabilità per il gruppo di appartenenza (Morace e Lanzone, 2010). In altre parole mostriamo la tendenza ad una tensione verso il ‘mio’ che diventa interesse verso l’altro purché avvertito come vicino a sé, appartenente alla propria ‘tribù’ ovvero alla propria cerchia famigliare. In termini economici questo spiega la prevalenza delle piccole imprese a conduzione familiare (anche le medie dimensioni sono poche) sul totale della nostra industria (Pratesi, 2010).

Le basi storico-culturali di questo sguardo e interesse al mio e al “mio piccolo” sono da rintracciarsi nella lunga assenza e frammentazione politica che ha portato a sostituire la centralità dello Stato (e dunque l’interesse per il bene collettivo e il relativo sviluppo di un senso civico) con la centralità della famiglia.

“Per la famiglia si sprecano impegno, energia e coraggio e ne rimane ben poco per la società e lo Stato” (Norberto Bobbio)

 

Lo scenario attuale, alcuni dati:

La struttura di tipo familiare (quella in cui il controllo è direttamente o indirettamente esercitato da una persona fisica o da una famiglia) è riscontrabile in oltre il 70% delle imprese industriali e dei servizi in Italia: ciò significa che 7 imprese su 10 sono a controllo familiare. In quasi il 90% delle imprese il primo socio è una persona fisica o una famiglia, solo nell’8% dei casi è un’altra azienda, mentre è marginale la presenza al vertice del controllo azionario delle banche e degli enti pubblici. Sono soprattutto le piccole e medie imprese italiane a essere a conduzione familiare.

Dalla lettura combinata del sistema di proprietà e di dimensione aziendale risulta che tali aziende siano il vero motore dell’economia italiana, impiegando il 94.9% della forza lavoro.

 

La piccola Impresa in Italia

La diffusione della piccola-media impresa sul territorio risente dell’eco della bottega rinascimentale, di cui l’industria italiana rappresenta la naturale evoluzione. Le aziende dell’Italian style, piccole o medie che siano, sono accomunate da una gestione attenta alla dinamica dimensionale: esse evitano balzi dimensionali, preferendo processi di crescita calibrati e progressivi per timore che la crescita esponenziale e il conseguente adeguamento della struttura possa degradarne la vocazione alla qualità (in termini di risorse umane, materie prime, originalità nel pensare nuovi prodotti).

 

La forza tutta italiana delle imprese familiari

Le centralità familiare all’interno delle PMI italiane è identificabile in quattro caratteristiche fondamentali:

  • Forte attaccamento al prodotto
  • Amplificazione dei valori d’impresa
  • Capitale relazionale
  • Capitale resiliente

 

Attaccamento al Prodotto

Caratteristica delle aziende familiari è il forte attaccamento tra imprenditore di prima generazione e prodotto.

  • Ciò vale per tutte le aziende familiari, ma assume un carattere particolare nel contesto italiano dove tali aziende sono state costruite tutte intorno al prodotto visto come «prolungamento di sé», una proiezione della propria spinta realizzativa e creatrice.
  • Gli imprenditori-artigiani sono mossi dalla volontà di dare vita alla propria idea di prodotto piuttosto che dalla semplice creazione di un’impresa e del suo ritorno economico.

 

Amplificazione dei valori d’impresa

Cultura familiare e aziendale si intrecciano: saperi, culture e manualità si sono tramandate per decenni tra la cucina e la stanza da bagno, cosi come si tramandano le conoscenze del business, dei clienti, dei fornitori e dei concorrenti.

  • Cultura familiare e aziendale concorrono nel creare la Storia del brand familiare e una continuità naturale tra generazioni, arricchendosi e rafforzandosi reciprocamente.

I valori delle imprese familiari italiane sono fortemente percepiti anche all’esterno, grazie ad una società che pone al centro il ruolo della famiglia. I componenti delle famiglie delle aziende italiane hanno così ricevuto una particolare attenzione mediatica a volte anche mitizzandole e idealizzandole.

  • È un’impresa familiare anche Chanel ma della famiglia si sa poco o nulla. Le vicende familiari dei fratelli Benetton, Versace, Fendi etc. hanno costruito invece parte dell’immagine delle loro aziende, formando quell’unicità e irripetibilità valoriale che si è riflessa sui prodotti.

 

Capitale Relazionale

«La scelta di scommettere su sé stessi paga fin da subito, andando ad incrementare, col passare degli anni, il parco clienti e lavorando su scala nazionale, mantenendo però intatti i valori e l’attaccamento all’azienda di un’impresa familiare»

La continuità della cultura familiare in azienda è foriera di un forte coinvolgimento affettivo di proprietari, dirigenti ma anche dei dipendenti, e ciò si traduce spesso in un elevato grado di coesione e senso di appartenenza.

È così che si genera un patrimonio di risorse “uniche” e “difficilmente imitabili”, con riferimento sia al capitale relazionale – derivante dai legami tra gli attori chiave – sia soprattutto al capitale umano, che esprime il complesso di conoscenze, competenze e capacità degli individui all’interno delle organizzazioni in cui operano.

 

Il Capitale resiliente

Il connubio tra cultura familiare e d’impresa e il coinvolgimento affettivo hanno un forte impatto sulla tipicità della gestione finanziaria.

L’impronta della gestione familiare, attenta a garantire un futuro migliore alle nuove generazioni, conduce ad una gestione attenta e prudente delle risorse economiche.

Se le imprese familiari hanno dimostrato di avere guadagni leggermente inferiori rispetto a quelle di eguale grandezza e di gestione differente, esse sono in grado di performare meglio rispetto a queste ultime durante i periodi di crisi.

Questo perché le imprese a gestione familiare rinunciano ad approfittare pienamente dei ritorni disponibili nei periodi economici positivi per accrescere le loro probabilità di sopravvivenza in tempi meno favorevoli, guadagnandosi il titolo di aziende resilienti.

 

Il passaggio del testimone

  • È caratterizzato da un lavoro di squadra
  • Richiede una preparazione mirata, un vero e proprio allenamento
  • Si basa sulla fiducia e comunicazione e non su paura e conflitto
  • Coinvolge differenti attori e non il singolo fondatore, è una staffetta
  • È un processo, non è un momento.

 

  • Coinvolge 66.000 imprese familiari all’anno (i cui imprenditori sono per lo più ultra sessantenni)
  • Indotte alla chiusura o cedute 20.000 imprese ogni anno
  • 65.000 posti di lavoro a rischio ogni anno
  • Solo 1/3 delle PMI sopravvive al primo ricambio generazionale
  • Meno di 1/5 delle PMI sopravvive al secondo ricambio generazionale

I provvedimenti che fin qui sono stati creati al fine di aiutare le PMI nei processi di sviluppo (Small Business Act, Statuto delle imprese) hanno lasciato irrisolta una questione critica: «Come riuscire a facilitare il passaggio dello scettro di una creatura tanto grande e intrisa di affetti ma, al contempo, minacciata da molteplici fattori?»

 

La resistenza ai cambiamenti

Legati all’imprenditore

 

La prospettiva di abbandonare la propria creazione
Pericoli inerenti alla scelta del successore
La personalità dell’imprenditore
Il terrore di rimanere senza nulla da fare
Paura di dipendere finanziariamente dall’andamento dell’azienda
Il timore che l’azienda non sopravviva alla successione
Legati ai figli Difficoltà dei figli ad ottenere la piena fiducia rispetto al ruolo (a causa della loro vision o del potenziale personale attribuito loro)
Legati ai collaboratori I collaboratori sono fedeli all’imprenditore e non ancora pronti all’accettazione della successione

 

Le paure dell’imprenditore: quando l’azienda è più figlia dei figli

Nelle famiglie italiane culturalmente il padre con il suo status resta tale fino alla fine. Nelle aziende famigliari, di frequente il fondatore resta il padre dell’azienda che mantiene la tendenza a proteggerla/controllarla anche quando lascia ufficialmente il suo mandato.

La paura di Bernardo Caprotti sembrerebbe emergere dalle sue dichiarazioni rilasciate alla stampa “Tutti possono ereditare un’azienda, che è cosa diversa da saperla gestire” preferendo non parlare di estromissione dei figli ma di un successivo ripensamento “previsto dal contratto, fatto per il bene dell’azienda”. La difficoltà ad abbandonare il ruolo è legata – come sostiene la stessa figlia- al sentire l’azienda come una “sua creatura esclusiva” nella quale ha investito tutte le sue migliori energie non solo lavorative ma anche affettivo-relazionali.

 

Le difficoltà di affermazione dei figli

Sebbene I figli di Caprotti (caso Esselunga) abbiano apportato innovazione e un significativo contributo in termini di fatturato, emerge come essi non siano riusciti a conquistare la piena fiducia paterna.

In particolare sembrerebbe che le due generazioni non abbiano trovato terreno comune rispetto al modo di concepire la presenza in azienda.

Per Bernardo sono fondamentali spirito di sacrificio, totale dedizione e presenza continua. Egli afferma: “Senza alcun paragone, ci mancherebbe, mi piace ciò che diceva di sé Federico II di Prussia: «Io sono il primo servitore dello Stato». E lo sono stato a tempo pieno, pienissimo, tanto che non posso pensarmi «a mezzo servizio»”.

Secondo Violetta, invece: “…Si può essere proprietari senza aver incarichi di gestione diretta…”

 

L’accettazione di chi resta (i collaboratori)

Considerando che Bernardo Caprotti (casi Esselunga), ha creato un’azienda che ricalca fortemente la propria persona, ci si potrebbe aspettare che buona parte del gruppo dei collaboratori possa mostrare difficoltà nell’accettare una nuova leadership e un nuovo modello di gestione, diverso dal precedente.

 

Preparare le persone

  • Preparare il padre fondatore dell’azienda a coltivare hobby o attività lo aiuterà a non focalizzarsi eccessivamente sulla perdita del ruolo di protagonista nell’azienda una volta che il successore prenderà il suo posto
  • Preparare mentalmente il gruppo di collaboratori, fornitori, manager a rappresentare un insieme di risorse e non di ostacoli alla successione.
  • Aiutare la nuova generazione a costituire un ponte tra la realtà italiana e il contesto internazionale, permettendo loro di studiare lingue straniere e di specializzarsi grazie a periodi di lavoro all’estero.
  • Aiutare i successori a familiarizzare con l’azienda tramite un graduale avanzamento non solo nelle posizioni interne ma anche nella qualità delle relazioni con il personale aziendale.

 

Analizzare il contesto

L’astrolabio, strumento perfezionato in epoca rinascimentale permetteva di calcolare la posizione dei corpi celesti e l’ora locale, conoscendo la longitudine e viceversa. L’importanza della conoscenza del contesto locale è un tema di assoluta importanza per un’impresa che vuole trovare il giusto momento e la giusta direzione per il processo di successione.

 

Fattori interni:

  • Successore presente in azienda
  • Successore non presente in azienda

Fattori esterni:

  • Condizioni economiche (dell’azienda, del settore, del contesto)
  • Investimenti dei principali competitori

Fattori relazionali:

  • Trust, patti e accordi di famiglia
  • Comprendere cosa significa per i collaboratori il cambiamento e aiutarli ad accettarlo

Saper chiedere aiuto

Nel XV e XVI secolo le grandi famiglie rinascimentali (Gonzaga, De’ Medici, Sforza, Malatesta, etc.) erano solite richiamare nella propria corte artisti di grande talento al fine di commissionargli opere che resero le città e le corti stesse maestose.

Qualora l’imprenditore non si senta in grado di gestire il graduale processo di successione è auspicabile usufruire di un aiuto da figure professionali esterne all’azienda.

Quest’ultime, in veste di consulenti e formatori, possono aiutare l’imprenditore a preparare a livello tecnico e relazionale sia il futuro successore sia i propri collaboratori.

In secondo luogo, personalità esterne si sono più volte rivelate essere un supporto al CdA, permettendo all’impresa di non ingessarsi sulle proprie visioni ma di sapere osservare ed aprirsi alla realtà esterna.

 

La saggezza dei padri e il coraggio dei giovani

Come nel mito di Icaro, ritratto da Gowy nel 1637, anche nelle imprese italiane vi sono controversie sull’utilizzo di alcune strategie e vision piuttosto che altre. In particolare, i padri fondatori, come Dedalo, spesso costruiscono gli strumenti per “volare” per mezzo della loro passione ma successivamente li utilizzano per “volare basso” mentre la creatività e l’innovazione riscontrabili nella mente giovane dei loro successori li porterebbe ben più in alto. Allo stesso modo i giovani, come Icaro, spesso creano o utilizzano gli strumenti per esplorare nuovi orizzonti senza avere la conoscenza tacita del business dei propri predecessori e rischiano di bruciarsi le ali avvicinandosi a minacce non previste. In entrambi i casi la leadership esercitata non è sufficiente a garantire il successo dell’impresa ma risulta necessario integrare entrambe le prospettive. Da una parte il coraggio innovativo dei giovani che mira sempre più in alto, dall’altra la saggezza di una vita passata in azienda e della conoscenza delle opportunità e minacce verso di essa.

La leadership familiare è sempre benefica?

1)CEO familiare < CEO non familiare: azienda grande e con proprietà dispersa

2)CEO familiare = CEO non familiare: azienda piccola e con proprietà dispersa – azienda grande e con proprietà concentrata

3) CEO familiare > CEO non familiari azienda piccola e con proprietà concentrata

 

Tra vizi e virtù: potenziali virtù

“La virtù è l’insieme di competenze che servono al principe per relazionarsi con la fortuna, cioè gli eventi esterni. La virtù è quindi un insieme di energia e intelligenza, il principe deve essere intelligente ma anche efficace ed energico” (N. Machiavelli).

In conclusione, dato che la PMI italiana spesso ricalca la struttura familiare si porta dietro alcuni pro e contro, vizi e virtù propri di questo assetto organizzativo e delle sue dinamiche, tra i quali:

  • Una proprietà e una gestione concentrate che permettono maggiore velocità nella presa di decisione.
  • Il supporto lavorativo di moglie e compagni
  • Un più agile confronto tra livelli gerarchici
  • Una maggiore considerazione del personale indipendentemente dalla posizione occupata
  • Una leadership collegiale
  • Impegno e collaborazione da parte del management
  • Alta flessibilità negli incontri e di gestione
  • Una visione di investimento a lungo termine
  • Contaminazione fertile e reciproca tra business e vita familiare.

 

Tra vizi e virtù: potenziali vizi

  • Le problematiche relazionali della famiglia irrompono nella realtà aziendale
  • Vi è una forte centralizzazione delle responsabilità
  • L’espansione risulta difficoltosa per gli alti costi di gestione
  • Non sempre sono presenti successori o non sempre vogliono entrare in azienda
  • A volte vi è una forzatura nell’inserire figli o parenti in azienda senza che essi siano necessari e sufficientemente competenti
  • L’unanimità come regola gestionale porta ad un ingessamento e una perdita di flessibilità
  • I manager esterni alla famiglia sono visti come consulenti con minor attaccamento verso l’azienda
  • Il rifiuto di soci o terzi a volte blocca la crescita aziendale

 

 

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