Anna Nardi NARDI SpA

Anna Nardi, CEO di Nardi SpA, Azienda leader nell’ “Outdoor Living”, evidenzia come il Made in Italy di Nardi riesce a fare articoli veramente belli, di design e prodotti con gli standard qualitativi più alti e industrializzati nel rispetto della qualità e dell’eccellenza. Inoltre, sottolinea che per riuscire a trasmettere questi elementi sul prodotto, è necessario fare le cose in Italia, per poter dialogare con fornitori e stakeholder che abbiano gli stessi valori.

Gli inizi dell’avventura imprenditoriale

Sono Anna Nardi, amministratore delegato di Nardi SpA, assieme a mia sorella e ai miei genitori. Mi hanno chiesto di raccontare un po’ la storia della nostra azienda.

L’azienda nasce nel 1990 da un’idea imprenditoriale di mio papà e di mia mamma insieme. Mio papà già da giovanissimo andava a lavorare a Vicenza, in “Lima Trenini” e lui lavorava nell’officina stampi di “Lima Trenini” e lì ha iniziato a conoscere questo mondo. Oltre al mondo degli stampi, penso abbia imparato anche che cos’è una realtà industriale e l’importanza dell’internazionalizzazione nel mondo.

Dopo questa esperienza in “Lima Trenini”, durata qualche anno, comunque aveva la necessità di riavvicinarsi a casa e quindi già da giovanissimo ha aperto una piccola officina stampi sotto casa. Da lì è iniziata tutta la sua esperienza. Dopo qualche anno ha conosciuto un altro noto imprenditore di zona, hanno cominciato a lavorare insieme e nel 1990, qualche anno prima, per diverse ragioni hanno comunque deciso di dividere questa società e di fare esperienze diverse. Quindi papà ha cominciato a pensare appunto di entrare in questo settore, che negli anni ’90 stava avendo un grande successo. Quello che caratterizza l’inizio della nostra storia in quei tempi è proprio il fatto che papà e mamma ci hanno coinvolti nella scelta che è stata fatta, nell’intraprendere questa, questa avventura di tutti assieme. La risposta è stata naturalmente positiva e quindi non è stato tanto il sogno di papà, ma è stato un sogno della famiglia Nardi tutti insieme.

Dopo 28 anni da questo, dall’inizio di questo sogno, possiamo dire che abbiamo raggiunto una realtà di cui siamo felici, di cui siamo contenti, siamo un’azienda che esporta in 104 Paesi in tutto il mondo, con un fatturato di circa 50 milioni, che raggiungeremo quest’anno, 135 dipendenti e una prospettiva di crescita ancora importante.

I soldi per iniziare

Le prime fonti di finanziamento posso riferirle a quando papà ha aperto l’attività sotto casa e sono sicuramente derivati un po’ dai risparmi familiari quindi era andato un po’ a chiedere un po’ di soldi alla mamma, il papà e anche alle sorelle per riuscire a partire con questa prima attività. Sicuramente erano investimenti bassi per la tipologia di attività che serviva e anche per i tempi e nel giro di qualche anno è riuscito a ripagare tutti e anche ad avere dei margini interessanti.

Nel 1990 quando invece siamo partiti con la Nardi, sicuramente si partiva da una situazione patrimoniale differente e finanziaria differente, c’erano già delle liquidità che si potevano utilizzare per partire e un’altra parte di finanziamenti sono stati fatti con la richiesta, con l’accesso al credito bancario. In quegli anni sicuramente l’accesso al credito era completamente diverso da oggi. Molto spesso i finanziamenti venivano concessi dal direttore di banca, che era quello che aveva potere decisionale sulla sull’erogazione dei finanziamenti e lui basava molto le sue valutazioni anche dagli indici di bilancio e dalla situazione aziendale, ma basava molto le sue valutazioni sulla figura dell’imprenditore. Quindi, io devo dire la verità, noi fortunatamente non abbiamo mai avuto difficoltà ad avere accesso al credito.

Un episodio negativo ed uno positivo

Sicuramente nella vita di un imprenditore avvengono molti eventi sia positivi che negativi. Soprattutto rimangono molto impressi quelli negativi, perché sono quelli che poi magari un po’ ti demoralizzano. Nel mio caso non mi sono mai sentita demoralizzata, ma sono sempre stati eventi che mi hanno spinto a dare il meglio di me stessa e a migliorarmi. Uno in particolare lo ricordo: quando io sono entrata a lavorare in azienda, erano i primi anni duemila, e io ho fatto un po’ tutta la gavetta all’interno dell’azienda. Quindi ai tempi ero partita dall’ufficio acquisti e dal controllo qualità, assicurazione, ero all’assicurazione/controllo qualità e durante un’ispezione da parte dell’ente certificatore, era venuto questo ingegnere a farci questa verifica e a fine verifica stava redigendo il documento di chiusura della verifica, dicendo che comunque andava tutto bene e non so come su che argomento eravamo andati, a un certo punto lui ha detto che veramente non capiva come mai gli imprenditori mettessero i figli stupidi all’ufficio acquisti. Era abbastanza palese che in quel momento io stessi facendo ufficio acquisti, perché era stato oggetto di verifica e lì veramente, in un primo momento, mi sono sentita molto avvilita da questa affermazione, che lui aveva fatto. Però, nei giorni successivi è stato veramente un elemento di sfida per me, perché ho detto: vabbè gli farò vedere io a questo signore chi è il figlio stupido dell’imprenditore e penso che oggi posso anche dimostrare che si sbagliasse in merito.

Per quanto riguarda invece l’evento positivo, devo sempre partire da un evento negativo che era successo intorno agli anni 2010, quando l’azienda era già in un momento di grande cambiamento. Avevamo cominciato a prendere la gestione aziendale io e mia sorella e in quegli anni necessitavamo di apportare molti cambiamenti nell’azienda, nel prodotto e nel processo commerciale, perché comunque le cose non stavano andando benissimo e avevamo bisogno di ristrutturare un po’ tutti i settori. Stavamo facendo l’annuale riunione agenti Italia e questo agente non è che stesse prendendo proprio benissimo questi cambiamenti, tant’è che ci ha contestato veramente tanto durante questo evento, dicendo che stavamo sbagliando tutto, che lui non concepiva questi cambiamenti che stavamo facendo, che l’azienda sarebbe andata sicuramente in una direzione sbagliata e di rivedere la nostra posizione. Nel 2015, durante la festa, che abbiamo organizzato in occasione del venticinquesimo aziendale, questo stesso agente ci ha avvicinato, ci ha abbracciato e ha detto: complimenti avete superato il papà.

Fare impresa in Italia

Per spiegare il perché bisogna necessariamente partire da un altro concetto, che è il concetto di made in Italy. Made in Italy significa fatto in Italia, però in realtà è un brand internazionale, addirittura sembra sia il terzo brand più conosciuto al mondo dopo Coca Cola e Visa e ha un significato molto più profondo, che è il significato del “bello e ben fatto”. “Bello e ben fatto” vuol dire che in Italia siamo in grado di produrre delle cose dal carattere estetico molto spinto e anche fatte molto bene. Questa caratteristica in Nardi è molto sentita, noi ci teniamo a fare articoli veramente belli, di design e anche però industrializzati e prodotti con gli standard qualitativi più alti e industrializzati nel rispetto della qualità e dell’eccellenza. Noi pensiamo che, per riuscire a trasmettere questi elementi sul nostro prodotto, sia necessario fare le cose in Italia, per poter dialogare con fornitori e stakeholder che abbiano gli stessi valori. E pertanto il fare in Italia significa riuscire a parlare con persone che hanno gli stessi valori e stessi obiettivi che abbiamo noi.

Le caratteristiche di un imprenditore

Un imprenditore non può avere delle caratteristiche specifiche, nel senso che ogni imprenditore ha le sue proprie caratteristiche ed è molto bello vedere come lui riesce a far crescere la sua azienda, rispecchiando proprio le caratteristiche personali di ogni persona. Quindi non possiamo parlare di caratteristiche che deve avere un imprenditore, ma possiamo parlare di elementi che devono essere rispettati, perché le aziende possono essere di successo.

Secondo me gli elementi sono fondamentalmente quattro: un imprenditore deve avere un sogno da realizzare, perché questo dà tantissima identità alla propria azienda; deve avere degli obiettivi da raggiungere ben precisi e condivisibili, perché se un imprenditore non sa cosa vuole ottenere e che strada fare per ottenerlo, sarà ben difficile riuscire a portarsi le persone su quella strada; deve avere un grandissimo rispetto per i dipendenti e per i collaboratori, perché solo avendo rispetto per queste persone si può motivare e coinvolgerli in quelle che sono le attività aziendali; deve imparare dagli errori passati e quindi come dicevo precedentemente non farsi abbattere, ma prenderli come spunti per migliorarsi in futuro.

Il futuro per le nuove generazioni

Qua vengo toccata sul vivo, perché io ho due figli, uno in età adolescenziale, pertanto è quello che vedo che sarà il lavoratore, l’imprenditore del futuro.

Quello che sto notando in questi anni è che la modernità, il benessere e soprattutto le nuove tecnologie stanno rendendo i ragazzi abbastanza superficiali. Le informazioni sono facilmente ricercabili e fruibili sul web, tutto è semplice, tutto è facile e anche è facilmente ottenibile anche dai ragazzi. Quindi i consigli che posso dare io a un ragazzo in questo periodo, è di avere un sogno da realizzare ed avere degli obiettivi da raggiungere, proprio perché sono gli elementi che danno uno scopo alla loro vita e anche possono dare la felicità in un momento in cui, si riescono a raggiungere. Di studiare con molta umiltà, studiare tanto, ma con molta umiltà, perché comunque c’è una grande differenza tra il sapere e il saper fare. Però, se si vuol saper fare un qualcosa, bisogna comunque partire dal sapere e quindi studiare tanto. Io consiglio a tutti un’esperienza all’estero o quantomeno uscire da quella che è la bolla familiare, perché è veramente importante cominciare ad approcciarsi con il mondo esterno senza avere sempre le spalle coperte da chi ti può difendere dietro. Bisogna cominciare a essere molto più indipendenti e avere una visione più aperta del mondo.

E come ultimo, io consiglio di dare il giusto tempo perché le cose avvengano, perché non è tutto facilmente raggiungibile, le cose che si desiderano oggi non succedono domani mattina, bisogna lasciare il giusto tempo perché queste cose avvengano.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

You May Also Like
Read More

Cristina Pozzi Impactscool

Cristina Pozzi, CEO e cofondatrice di Impactscool, crede nei giovani ed assieme a loro vuole immaginare e creare un futuro dove dall’energia che scaturisce dai ragazzi, dalla curiosità che loro hanno, dalla voglia di mettersi in gioco, molto probabilmente, questo futuro sarà nelle loro mani e sicuramente sarà un futuro in cui riusciremo a tenere l’umano al centro e a costruire e utilizzare le tecnologie per aiutarci a migliorare l’intera Società.
Read More
Read More

Maurizio Zordan Zordan Srl sb

Maurizio Zordan , CEO of Zordan Srl sb, mono-brand shopfitting: struttura che si occupa dell’arredamento dei negozi del retail di alta gamma, è un gruppo di respiro internazionale, che tutela la propria dimensione familiare e custodisce i valori della tradizione. Significative le sue parole in cui sottolinea come …”con il lavoro artigianale si riesce a sviluppare, produrre e fare cose creative, perché “l’intelligenza manuale italiana” è una delle caratteristiche difficilmente esportabili di questo Paese”. Se volete scoprire di più sulla storia di Zordan vi consigliamo la lettura di  “La Giusta Dimensione” di Andrea Bettini edito da “Franco Angeli”
Read More
Read More

Gianluca Santilli Bike Economy

L’avvocato Gianluca Santilli, partner di Lexjus Sinacta, sottolinea che in Italia non si riesce a diventare abbastanza grandi perché non c’è quella logica di inclusione, la logica di fare impresa assieme. In Italia è veramente molto difficile fare impresa, perché il successo è penalizzato, il successo è visto male. In Italia si fatica molto a riconoscere la meritocrazia, riconoscere l’eccellenza, che invece viene riconosciuta come tale a livello mondiale, portandoci a soccombere all’acquisizione da parte dei gruppi esteri.
Read More