Gli inizi dell’avventura imprenditoriale
Sono Cristina Pozzi e sono Amministratore Delegato e cofondatore di Impactscool.
La mia storia imprenditoriale in realtà parte molti anni fa. Dopo due anni del primo lavoro in consulenza, era il 2006 e un collega, che poi da allora è diventato mio socio in tutte le iniziative che ho lanciato, un giorno mi invita per un caffè. Io, prima di questo caffè, ho sempre affermato di essere la persona più avversa al rischio possibile, di avere già molto chiaro cosa volevo fare, di continuare a fare la consulente, di continuare nel lavoro che avevo intrapreso. Questo caffè in realtà invece mi ha cambiato la vita e nel giro di qualche mese mi sono scoperta imprenditrice.
Andrea Dusi, il mio socio, mi ha presentato la sua idea imprenditoriale, mi ha chiesto se volessi dargli una mano a farla partire e nel giro di sei mesi, appunto, mi sono trovata trasferita in un’altra città, da Milano a Verona e in una vera e propria start up, in un anno che era il 2006 in cui di start up si parlava ancora poco. Quindi, con un pizzico di follia, ma con tanta voglia di vedere realizzati i nostri progetti. Questa prima impresa è durata circa dieci anni ed è stata la chiave per arrivare poi nel 2016 invece a fondare Impactscool, la nostra nuova iniziativa imprenditoriale, dove di nuovo Andrea è mio socio, perché squadra che vince non si cambia, che è un’iniziativa dedicata ad avere un impatto sociale sul nostro territorio, su tutta Italia.
Impactscool porta in scuole, università e aziende, formazione ed educazione sul futuro e le nuove tecnologie. Cosa significa: che attraverso workshop, giochi di ruolo, esercizi, che si fanno insieme per immaginare il futuro, ma utilizzando delle metodologie scientifiche. Il futuro è una materia che si studia già da inizio del secolo scorso come vera e propria scienza e che in Finlandia si studia dalle elementari. Ecco, quindi, in questo modo, in modo scientifico con metodi, giochi fatti apposta per sviluppare la capacità di essere creativi, curiosi e di immaginare il futuro come qualcosa che possiamo anche influenzare. Insieme si costruiscono immagini di futuro. Cosa significa, in alcuni casi per esempio coi ragazzi costruiamo quella che dovrà essere la loro città nel 2050, andando ad affrontare quelli che secondo loro sono dei problemi di quella città che andrebbero risolti, trasformati in opportunità di miglioramento. Insieme si immagina qual è il punto d’arrivo e quello poi diventa il punto di partenza, in realtà, pur essendo un punto d’arrivo, per costruire un progetto e andare in quella direzione. Quindi, esercizi e giochi che diventano strumenti per prendere decisioni, per orientarsi e comprendere meglio anche il proprio presente.
I soldi per iniziare
Nel caso di Impactscool è stato, devo ammettere, più semplice iniziare l’attività imprenditoriale e trovare anche i fondi, perché io e il mio socio uscivamo da un’attività di successo, quella precedente che avevamo venduto al nostro concorrente, e nel momento in cui abbiamo iniziato a raccontare cosa volevamo fare, da un lato il messaggio e la mission di Impactscool suscitano un grande interesse in tutti, dall’altro c’era anche una grande fiducia nei nostri confronti. Quindi, forti dell’esperienza imprenditoriale precedente siamo riusciti da subito a partire con 200 mila euro raccolti da “Angels”, amici e colleghi che hanno deciso di accompagnarci anche nella nostra nuova attività imprenditoriale. Alcuni di questi erano tra coloro che, invece con un pizzico in più di follia, avevano creduto in noi anche nel lontano 2006 per la primissima attività che avevamo lanciato. Anche in quel caso siamo partiti con fondi raccolti da privati che hanno creduto in noi, nella nostra iniziativa e hanno voluto investire, in quel caso, soprattutto proprio sulle persone. Lavoravamo già insieme, avevamo fatto spesso progetti insieme di consulenza e questo, nel nostro caso, ha aiutato molto a creare una fiducia e soprattutto la voglia di rischiare mettendo dei soldi in un’iniziativa imprenditoriale.
Un episodio negativo ed uno positivo
Parto da un evento negativo, che mi è capitato agli inizi della mia carriera imprenditoriale. Avevo ventisei, ventisette anni circa e l’attività era già avviata, avevamo già un buon fatturato, un sacco di clienti, tra cui anche società multinazionali e vado da un cliente a raccontare quello che facciamo, per provare a creare dei progetti insieme per l’incentivazione dei dipendenti, era in questo caso. Mi presento parlo per un’ora, porto mille documenti, presentazioni, progetti studiati ad hoc per l’azienda e a fine incontro guardo la mia interlocutrice, le chiedo: ha domande, qualche richiesta di approfondimento? E l’unica domanda che questa persona è riuscita a farmi, a fine incontro, è stata: quanti anni hai? E questo per me è stato un episodio negativo, ma che è indice di tutta una serie di cose che sono successe quando sono partita con la mia prima attività e che credo sia indice del fatto che, ahimè, in Italia spesso siamo un po’ razzisti nei confronti dei giovani. Dopo un’ora di presentazione, con tutte le credenziali del caso, con i risultati alla mano, l’unica cosa che la persona davanti a me aveva notato era la mia giovane età. E purtroppo, questo accade spesso in Italia e devo ammettere che spesso è proprio anche un limite all’imprenditorialità, perché tante volte ci sono persone in gamba, che potrebbero fare un sacco di cose, ma tendiamo, ahimè, a essere un po’, come dicevo prima, razzisti, con un termine che magari è un po’ forte, ma che effettivamente è quello che succede. Infatti, tante volte mi viene chiesto come donna se ho mai, in qualche modo, subito il fatto di essere donna imprenditrice e quindi, magari in qualche modo, messa da parte in mondi che spesso sono più maschili e devo dire che in realtà nel mio caso è sempre andato tutto bene da quel punto di vista, ma mi sono invece spesso sentita messa da parte per il fatto di essere giovane. Quindi, questo credo che sia la cosa più negativa che mi è mai capitata facendo impresa.
La cosa più positiva, invece, è legata ad altre persone e aver visto in particolare verso la fine della prima iniziativa imprenditoriale, persone che, molto giovani a cui noi avevamo dato molta fiducia, durante tutta l’attività insieme, che erano entrati in azienda agli inizi e proprio grazie al fatto che si trovavano una situazione di grande crescita, di grande dinamismo avevano potuto a loro volta crescere, prendere responsabilità e diventare grandissimi professionisti. Ecco vedere queste persone, che quando è stato il momento di decidere se magari lasciare l’azienda, visto che i fondatori a loro volta avevano venduto, trovarsi sul mercato un riconoscimento molto superiore a quello di persone della loro età, per me è stata la soddisfazione più grande, cioè vedere di aver potuto fare un percorso insieme con giovani, anche in questo caso, che però invece vedevano riconosciuto il loro valore.
Fare impresa in Italia
Perché fare impresa in Italia, è una domanda che mi sono posta spesso. Nel senso che durante tutte le iniziative che ho portato avanti, mi sono sempre resa conto confrontando con quello che vedevo all’estero, viaggiando, studiando o parlando con imprenditori, che facevano la mia stessa attività, magari nel loro Paese, mi sono sempre accorta della enorme differenza, soprattutto nel fatto che spesso in Italia mancano le opportunità di crescere velocemente, mancano le opportunità in termini di fondi, mancano tantissime cose che possono aiutare un ecosistema a crescere e quindi anche un imprenditore a portare avanti il proprio progetto. E, quindi, tante volte anche con il mio socio ci siamo chiesti: ma se avessimo fatto questa stessa cosa in Silicon Valley, se l’avessimo fatta a Berlino o in una di quelle città, non per forza per andare negli Stati Uniti, anche europee, che sono più dinamiche, dove anche le leggi sono più veloci ad adattarsi a qualcosa di nuovo, come sarebbe andata?
Magari avremmo fatto molto di più, avremmo raggiunto risultati molto più grandi, però dall’altro lato ci siamo anche sempre detti, intanto l’Italia ci piace, è bella, è un bel Paese e ci piace viverci. Quindi intanto questa è la primissima cosa. Quindi avere il modo di poterci restare è già il primissimo motivo per fare impresa in Italia e secondo è proprio perché comunque amo il mio Paese, sono italiana e mi piace sapere e pensare di avere un impatto positivo sul mio Paese, in particolar modo poi adesso che sono impegnata in un’iniziativa comunque con uno scopo di impatto sociale, ragion di più, il primo posto che mi viene in mente dove fare quel tipo di impresa è assolutamente l’Italia, proprio per cercare di avere, come dicevo, un impatto positivo sulla Società.
Le caratteristiche di un imprenditore
Le caratteristiche di un imprenditore o imprenditrice, tanti se lo chiedono. Io credo sicuramente la curiosità e la capacità di osservare il mondo attorno a sé, di osservare il presente e cogliere magari prima di altri dei cambiamenti in corso o che stanno per arrivare e a quel punto quindi creare, di conseguenza, un prodotto, un servizio o qualcosa che vada a rispondere a quella visione di futuro che magari l’imprenditore ha avuto prima di altri. Quindi, credo che questo come dicevo parte principalmente dalla curiosità, sia la primissima cosa.
Poi io credo che l’imprenditore sia anche una persona che è molto insicura, anche se il termine può sembrare negativo, ma io lo vedo in positivo, perché un vero imprenditore ha la grande capacità di mettersi continuamente in discussione e di cercare di dimostrare, in primis a sé stesso e poi anche agli altri, di poter raggiungere un risultato. E questo io credo che parta anche da, in qualche modo una sorta di insicurezza e voglia di riuscire a dimostrare appunto qualcosa di più e lo dico appunto in senso positivo e non in senso negativo.
E poi soprattutto, credo che la caratteristica più importante sia quella delle capacità relazionali, che qualunque impresa, qualunque azienda, qualunque attività è legata ai rapporti umani, alle persone, si costruisce qualcosa insieme, non è mai solo l’imprenditore. L’imprenditore può avere carisma, può avere la capacità di far credere ad altre persone nel proprio sogno e quindi di riuscire ad avere anche il loro aiuto per realizzarlo, questo sì, però le cose poi si fanno tutti insieme.
Il futuro per le nuove generazioni
Il motto di Impactscool è che “il futuro è open source” e con questo noi intendiamo che il futuro è qualcosa che si costruisce insieme e soprattutto è qualcosa che parte dall’immagine di futuro che noi stessi abbiamo in questo momento. Quindi, per questo motivo io dico sempre che bisogna essere intenzionalmente ottimisti, quindi pensare a un futuro migliore ci aiuta a compiere i passi oggi verso quel futuro. Nessuno riesce a realizzare un futuro che non è in grado di immaginare, quindi la prima cosa è immaginare insieme, collaborativamente un futuro migliore ed è proprio quello che noi facciamo coi ragazzi, insieme parliamo di futuro, parliamo di scenari futuri, di tutti i possibili scenari futuri che potrebbero accadere e insieme proviamo a capire qual è quello che vorremmo costruire.
Per questo motivo, io, come dicevo, sono per forza di cose ottimista, lo devo essere e io credo che da quello che vedo, dall’energia che scaturisce dai ragazzi, dalla curiosità che loro hanno, dalla voglia di mettersi in gioco, molto probabilmente, al di là delle intenzioni, questo futuro sarà nelle loro mani e sicuramente sarà un futuro in cui riusciremo a tenere l’umano al centro e a costruire e utilizzare le tecnologie per aiutarci a migliorare l’intera Società.