Giuseppe Aquila Penne Montegrappa

Giuseppe Aquila, CEO di Penne Montegrappa, ci porta nel mondo lontano dei primi anni del novecento, quando la penna insieme alla carta rappresentavano un importante mezzo di comunicazione. Le penne Montegrappa rappresentano un utile mezzo di rappresentazione del Made in Italy, dove la creatività e professionalità degli italiani sono validi testimoni nel mondo.

Gli inizi dell’avventura imprenditoriale

Sono Giuseppe Aquila, amministratore delegato di Elmo & Montegrappa, azienda storica italiana produttrice di strumenti da scrittura di lusso.

Montegrappa nasce a Bassano del Grappa nel 1912 ed è la prima fabbrica di penne stilografiche in Italia, una anche delle più antiche a livello mondiale. È certamente oggi la più prestigiosa. L’avventura della mia famiglia, nell’ambito di Montegrappa nasce nel 1938, quando mio nonno Leopoldo Tullio Aquila incontra Alessandro Marzotto che era uno dei fondatori storici dell’azienda Montegrappa e gli chiede di produrre per suo conto una collezione di penne stilografiche.

Torniamo un po’ agli albori, invece della società: Alessandro Marzotto qualche anno prima, quindi si parla dell’inizio del secolo, conosce Edwige Hoffman, una austriaca che aveva lanciato in Austria, che all’epoca era solo pochi chilometri, a livello di confine, distante da Bassano, una produzione di pennini in oro per penne stilografiche. In Italia non c’era ancora, nessuna azienda che producesse penne e quindi insieme fondano la prima azienda di penne stilografiche in Italia. Mio nonno nel ’38 contatta Alessandro Marzotto e gli chiede di produrre una linea, una collezione con il proprio nome. La sua richiesta viene accolta benevolmente e da lì, insomma, inizia una collaborazione che continuerà fino agli anni ’70, quando mio padre diventerà, diciamo, l’attore primario della nostra attività familiare, quindi, nel mondo delle penne e fino poi alla fine degli anni ’70 inizio agli anni ’80, momento in cui mio padre decide di acquisire Montegrappa perché i Marzotto non avevano più degli eredi che potessero continuare direttamente questa attività.

Io arrivo ovviamente più tardi, per motivi di età, e esattamente nel ’92 mi trasferisco a Bassano del Grappa con la mia famiglia e ricopro un ruolo inizialmente che era quello dello sviluppo dei mercati esteri. Da lì, per soddisfare le richieste dei mercati esteri, la gamma di prodotti stesso dell’azienda cambia in maniera importante, viene presa la decisione di rivolgersi al mercato di lusso, la parola lusso all’epoca si iniziava a sentire solo da poco, non esistevano delle penne di lusso e noi inventiamo all’epoca il concetto delle edizioni limitate, quindi produzioni con delle tirature ben stabilite e rivolte a un mercato dei collezionisti. Quindi, quello rappresenta un punto importantissimo di svolta nella storia dell’azienda, che quindi cambia completamente un po’ la sua pelle e si rivolge al mercato appunto di lusso.

Da lì ad oggi ci sono stati avvenimenti insomma importanti nell’ambito della storia della nostra azienda, vedete alle mie spalle un po’ di foto di personaggi più o meno famosi. L’azienda nel corso dei secoli ha sviluppato dei prodotti, ha avuto la fortuna di poter sviluppare delle collezioni esclusive o delle penne esclusive per personaggi molto importanti, quindi uomini di governo, politici, papi, attori, attrici, atleti, musicisti, quindi possiamo annoverare nel nostro “carnet di celebrity “centinaia e centinaia di personaggi. Mi piace citarne uno, anche perché legato alla storia di Bassano, soprattutto nel periodo della prima guerra mondiale che è Ernest Hemingway, Ernest Hemingway che proprio a pochi passi da qui, dalla nostra sede, nella villa Ca’ Erizzo, in particolare nel 1918 era un conducente volontario dell’American Red Cross, che aveva una sede proprio qui nella villa Ca’ Erizzo. Quindi, si narra che Ernest Hemingway sia stato uno dei primi utilizzatori famosi delle nostre penne. La penna era all’epoca uno strumento equivalente, comparabile a quello che è un mobile phone, quindi un telefono cellulare di oggi perché era un mezzo di comunicazione. Oggi anche il ruolo della penna è cambiato, viene utilizzata per le firme importanti, ma è anche uno status symbol, è un accessorio di lusso, all’epoca invece era esclusivamente un oggetto di comunicazione. Anche questo è stato vissuto nel corso di più di cento anni di storia. Montegrappa, come dicevo prima, è stata fondata nel 1912, abbiamo 107 anni di storia.

I soldi per iniziare

L’azienda è stata rilevata a fine anni ’70, inizio anni ’80 dalla mia famiglia, con fondi e mezzi propri, quindi di famiglia. Fino a inizio anni ’90 l’azienda è stata gestita da un mio zio, era un cognato di mio padre, ma in realtà è stato con il mio arrivo in azienda, quindi del ’92 che l’azienda si è sviluppata verso i mercati esteri e siamo partiti anche con il progetto delle edizioni limitate, quindi ci siamo rivolti al mercato del lusso.

Ovviamente all’epoca sono stati necessari altri investimenti, anche in quel caso l’azienda, la famiglia, diciamo in maniera autonoma, ha provveduto a finanziare l’azienda. Nella storia aziendale c’è anche nel 2000 un avvenimento molto importante che è la vendita dell’azienda, da parte della mia famiglia a una multinazionale che era il gruppo Richemont, all’epoca si chiamava Vendome. Richemont ancora oggi è proprietaria di marchi come Cartier e Montblanc nell’ambito delle penne, IWC, Panerai, insomma avrà una trentina di marchi di lusso. All’epoca aveva da poco rilevato il marchio Panerai negli orologi e quindi voleva aggiungere al proprio portafoglio dei marchi italiani.

Quindi la mia famiglia decise nell’anno 2000 di vendere l’azienda, completamente quindi in toto, dopo cinque anni di corteggiamento da parte del gruppo Richemont e ci siamo dedicati nel periodo in cui l’azienda era di proprietà di Richemont ad altre attività comunque di famiglia. Io personalmente sono rimasto qualche anno con il gruppo Richemont, a fare il passaggio, diciamo, di consegna delle mie conoscenze al gruppo.

Poi, a distanza di nove anni, ci è stata offerta l’opportunità di riacquisire l’azienda. 2007-2008 sono stati anni molto difficili nel mondo del lusso, per il mondo del lusso, quindi il gruppo Richemont anche aveva risentito di un periodo di crisi e aveva pertanto deciso di dismettere alcuni dei propri marchi, tra cui Montegrappa. Noi, insomma, eravamo abbastanza fortunati di aver mantenuto un rapporto di grande amicizia e di stima con i proprietari del gruppo, quindi si sono rivolti a noi come potenziali acquirenti. Quindi, abbiamo accolto con grande grande entusiasmo questa opportunità e infatti in giugno 2009 la mia famiglia ha riacquisito il brand. Tutto questo per dirvi che nel 2009 lo scenario era diverso, riacquisire l’azienda non era esattamente un gioco da ragazzi, si parlava di cifre importanti e all’epoca eravamo solo io e mio padre a decidere di riacquisire l’azienda, quindi, i miei fratelli e mia mamma, che inizialmente erano coinvolti nell’attività precedente, non volevano prendere parte a questa nuova avventura.

Quindi, eravamo in sostanza 2 sui 5 soci a voler acquisire l’azienda nella sua interezza, quindi non avevamo tutto il capitale per poterlo fare, quindi ci siamo avvalsi anche di altri investitori esterni. Abbiamo pensato, però all’epoca, perché rivolgersi a un investitore puramente finanziario, cerchiamo di coinvolgere qualcuno che ci possa aiutare invece anche sotto l’aspetto del marketing e commerciale. Quindi avevamo delle relazioni importanti con dei personaggi famosi, che comunque nel corso degli anni erano stati anche collezionisti dei nostri prodotti e con i quali si erano sviluppate, si era sviluppato un’amicizia vera e propria, e quindi abbiamo contattato due di quelli più vicini al nostro mondo: uno era Sylvester Stallone e l’altro era Jean Alesi, uno attore, movie star di Hollywood, l’altro pilota di formula 1, insomma della Ferrari e abbiamo proposto a loro l’opportunità di acquisire delle quote di minoranza, quindi di portare capitale e di contribuire in qualche modo anche allo sviluppo futuro del brand.

Con Stallone, quindi al di là del capitale, abbiamo chiesto a lui di diventare il “Brand Ambassador” dell’azienda e addirittura gli abbiamo proposto di sviluppare il design di una collezione di prodotti, una serie limitata che si chiama “Chaos”, che lui ha disegnato e che ha avuto un grandissimo successo poi di mercato.

Con Jean Alesi invece è stata una presenza più fisica, nel senso che mentre Stallone ha lavorato un po’ dietro le quinte, Jean Alesi è stato presente personalmente a tutta una serie di eventi o di attività. Ovviamente ha facilitato anche i rapporti con altri personaggi nell’ambito della formula 1, quindi presentato clienti, contatti che poi si sono rilevati utili anche a livello poi di comunicazione.

Un episodio negativo ed uno positivo

Faccio fatica a trovare gli eventi negativi, perché comunque è stata un’avventura molto avvincente, soprattutto nel periodo storico legato diciamo all’avvento della nostra famiglia in azienda.

Sicuramente però ne ricordo uno importante, era probabilmente nel 1981. Noi utilizziamo per la lavorazione di alcune nostre penne, un materiale che si chiama celluloide. La celluloide è una resina che nasce dalla fibra di cotone, che ha tantissime, bellissime proprietà a livello estetico, anche nella robustezza stessa del materiale, ma due piccoli problemi legati alla lavorazione. È un materiale altamente infiammabile e esplosivo.

Quindi, nel 1981 ricordo era anche un periodo delle vacanze estive, un corto circuito all’interno dell’ambiente in cui veniva stoccata la celluloide, anche essiccata, quindi ci fu un’esplosione dei forni nei quali veniva stoccata la celluloide che provocò anche un incendio, insomma, abbastanza importante, che distrusse parte del laboratorio produttivo. Quindi, senz’altro, questo è stato un avvenimento negativo, che ha avuto anche delle ripercussioni, perché comunque la celluloide richiede dei tempi molto, molto lunghi per la lavorazione, per la produzione, si parla dai 2 ai 3 anni anche di essiccazione, quindi di fatto ha creato problemi proprio nel ricostituire lo stock del materiale, per almeno altri due anni.

In quegli anni ci concentrammo sempre di più sulla lavorazione poi del prezioso, quindi dell’argento, dell’oro che poi ha anche segnato un po’ la strada, diciamo, il percorso poi del Montegrappa nell’ambito del lusso. Quindi, un evento negativo ci ha aperto gli occhi, ci ha dato opportunità di investire sempre di più invece nell’ambito del materiale, dei metalli preziosi. Quindi, questo senz’altro lo ricordo parzialmente come episodio negativo.

Episodi positivi ce ne sono stati tanti, ancora riconducendomi alle foto di qualche personaggio, nel 2000, il gennaio del 2000 una nostra penna che era il dragone, un’edizione limitata del 1995 è stata utilizzata da Boris Eltsin per trasmettere, proprio come testimonial, di trasferire il suo potere a Vladimir Putin. Quindi, lui davanti alle telecamere di tutto il mondo, con una penna dragone tra le mani disse a Putin: “con questa penna, io ti dò la Russia nelle tue mani”.

Quindi, questo è stato un evento fortuito, non facilitato da noi, quindi del tutto spontaneo, che però, insomma, ha reso di Montegrappa il marchio più prestigioso in Russia e quindi ci ha aperto un mercato che per noi è stato primario fino a pochi anni fa, fino a 5-6 anni fa, quando poi insomma la Russia ha avuto un po’ di problemi a livello economico-finanziario, però è stato un mercato sempre tra i primi, tra i primi tre. Quindi, sicuramente un episodio che ricordo molto, come molto positivo.

Fare impresa in Italia

Sicuramente, fare impresa in Italia non è facilissimo, non è semplicissimo. Ne abbiamo avuto comunque anche altre esperienze, in altri Paesi dove si riesce a lavorare in maniera molto, molto più semplice, dove non c’è tanta burocrazia. Però c’è da dire che, d’altro canto, in Italia, in modo particolare ecco nel Veneto, perché anche come famiglia noi abbiamo avuto altre esperienze imprenditoriali in altre regioni d’Italia, nel Veneto però c’è una disponibilità, quindi, di artigiani e soprattutto con delle capacità, delle abilità uniche.

Perché si fa impresa in Italia? Perché in Italia c’è comunque un “know how”, a mio avviso, superiore a qualunque altro Paese nel mondo, soprattutto nell’ambito della creatività. Non è un caso che il made in Italy, insomma, abbia tanto successo nel mondo, questo nasce proprio da una capacità che io ritengo a livello proprio di DNA, genetico negli italiani e che permette di produrre degli oggetti unici al mondo.

Le caratteristiche di un imprenditore

Se penso a una caratteristica fondamentale per un imprenditore al di là delle sue conoscenze, che sono fondamentali, quindi l’educazione, gli studi, interessi, la cultura, ma un minimo, un pizzico di follia nel senso la voglia di prendersi rischi. Questo è fondamentale, perché qualunque tipo di impresa comporta dei rischi, quindi non tutte le ciambelle nascono col buco, quindi nell’ambito della carriera dell’imprenditore ci saranno dei successi, poi ci saranno anche tanti fallimenti.

Quindi, probabilmente quello di cui è necessario, un po’ di follia, rischio calcolato e grande determinazione e forza di volontà, questi secondo me sono gli ingredienti fondamentali.

Il futuro per le nuove generazioni

Io sono papà di due figli, un figlio che ancora sta studiando, quindi al liceo, avrà ancora qualche anno prima di affacciarsi al mondo del lavoro, ma una figlia invece che ha 26 anni e che collabora fra l’altro con Montegrappa. Lei tra l’altro ha studiato a Milano styling, fashion styling al Marangoni, ha fatto delle sue esperienze al di fuori insomma della nostra realtà e da poco si è avvicinata invece al nostro mondo. Nel mio messaggio ai giovani, ovviamente di seguire innanzitutto la propria passione, ma di specializzarsi in settori che consentono alle aziende, alle attività anche produttive, di rivolgersi, diciamo, al mercato attuale, quindi con un occhio al futuro.

Molte aziende anche di natura artigianale spesso comunque lavorano ancora con i paraocchi, non capiscono che, diciamo, il mercato ormai è diventato globale, quindi bisogna ragionare in un’ottica globale, non più territoriale o provinciale o regionale o nazionale e di conseguenza devono abbracciare un po’ anche quelle che sono le tecnologie, le ultimissime tecnologie soprattutto a livello di comunicazione, diciamo raffrontarsi con quelli che sono i Social, quindi comprendere il linguaggio dei giovani, dei Millennial e perché quelli saranno il mercato del futuro. Quindi sicuramente un mio messaggio è quello di specializzarsi, proprio in quegli ambiti, in tutto quello che possa consentire alle aziende italiane di rivolgersi al mercato del futuro, che quindi sono i giovani, che un giorno avranno poi la capacità di spesa, per poter poi, come dire, sorreggere le aziende manifatturiere.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

You May Also Like
Read More

Cristina Pozzi Impactscool

Cristina Pozzi, CEO e cofondatrice di Impactscool, crede nei giovani ed assieme a loro vuole immaginare e creare un futuro dove dall’energia che scaturisce dai ragazzi, dalla curiosità che loro hanno, dalla voglia di mettersi in gioco, molto probabilmente, questo futuro sarà nelle loro mani e sicuramente sarà un futuro in cui riusciremo a tenere l’umano al centro e a costruire e utilizzare le tecnologie per aiutarci a migliorare l’intera Società.
Read More
Read More

Maurizio Zordan Zordan Srl sb

Maurizio Zordan , CEO of Zordan Srl sb, mono-brand shopfitting: struttura che si occupa dell’arredamento dei negozi del retail di alta gamma, è un gruppo di respiro internazionale, che tutela la propria dimensione familiare e custodisce i valori della tradizione. Significative le sue parole in cui sottolinea come …”con il lavoro artigianale si riesce a sviluppare, produrre e fare cose creative, perché “l’intelligenza manuale italiana” è una delle caratteristiche difficilmente esportabili di questo Paese”. Se volete scoprire di più sulla storia di Zordan vi consigliamo la lettura di  “La Giusta Dimensione” di Andrea Bettini edito da “Franco Angeli”
Read More
Read More

Gianluca Santilli Bike Economy

L’avvocato Gianluca Santilli, partner di Lexjus Sinacta, sottolinea che in Italia non si riesce a diventare abbastanza grandi perché non c’è quella logica di inclusione, la logica di fare impresa assieme. In Italia è veramente molto difficile fare impresa, perché il successo è penalizzato, il successo è visto male. In Italia si fatica molto a riconoscere la meritocrazia, riconoscere l’eccellenza, che invece viene riconosciuta come tale a livello mondiale, portandoci a soccombere all’acquisizione da parte dei gruppi esteri.
Read More