Gli inizi dell’avventura imprenditoriale
Sono Calzavara Laura figlia di Calzavara Giancarlo, fondatore di Punto Ciemme, un’Azienda che si occupa di allestimento di spazi espositivi.
L’avventura imprenditoriale di Punto Ciemme è iniziata con il fondatore che è mio padre più di 30 anni fa. Mio padre, diciamo, era il classico falegname con il laboratorio in casa e nel tempo è riuscito a costruire un’azienda consolidata che opera in un settore complesso come quello degli allestimenti fieristici e l’allestimento di spazi espositivi e con uno staff di persone molto variegato, perché noi gestiamo appunto dalla fase di progettazione, alla fase di ingegnerizzazione e poi abbiamo una falegnameria interna e delle squadre di montaggio, quindi, si tratta diciamo di una struttura molto, molto forte e diversificata nelle competenze. Questo è stato, diciamo, la base che ha costruito mio padre che ci ha poi trasferito, noi siamo imprenditrici, parlo al plurale perché ci sono io, ma siamo tra sorelle, siamo imprenditrici di seconda generazione e abbiamo percorso strade diverse fino ad arrivare al punto di accettare o comunque decidere, con una scelta molto consapevole, di prendere il testimone che ci lasciava mio padre.
Purtroppo, diciamo, questo passaggio è stato, non è stato semplice, perché è combaciato con un momento, diciamo, di poca salute del papà e quindi è stato un passaggio abbastanza repentino, ma le fasi successive ci hanno comunque permesso di fare una scelta più consapevole e di decidere appunto di continuare con questa avventura rilanciando un po’, in un’ottica, diciamo, più moderna, più manageriale, la gestione appunto di questa impresa.
I soldi per iniziare
Per quanto riguarda, diciamo, il reperimento delle risorse economico-finanziarie per proseguire con l’impresa di famiglia, chiaramente, essendo un’impresa di famiglia non c’è stata una necessità personale mia, in prima persona, o delle mie sorelle di avere a disposizione un importo, diciamo, di soldi per l’acquisizione delle quote societarie. Dall’altro lato, stavamo vivendo, diciamo, in quel momento veramente un periodo di crisi dell’azienda, quindi era un’azienda che doveva essere ripresa in mano e dovevano essere definite un po’ le basi, le fondamenta per poter gestire anche parte economico-finanziaria con più consapevolezza e con più raziocinio, secondo dei criteri moderni.
Cosa ci ha aiutato? Sicuramente ci hanno aiutato l’utilizzo di fondi e di finanziamenti, che abbiamo veramente utilizzato in larga scala, per poter fare un’attività di affiancamento, con un consulente. Quindi, questa attività è stata veramente basilare per permetterci di prendere un po’ in mano la situazione. Sicuramente, abbiamo dovuto, comunque, rivedere alcune gestioni di alcuni benefit e di alcune situazioni onerose per l’azienda.
Quindi, gli inevitabili tagli e a malincuore, diciamo, usufruire anche degli ammortizzatori sociali, che, in un’azienda di famiglia che ha sempre vissuto una dinamica, diciamo, aziendale veramente molto legata anche alla relazione con i propri collaboratori, parlare di cassa integrazione è stato un passaggio molto difficile. All’epoca c’era ancora appunto mio padre presente in azienda, quindi è stata comunque una scelta condivisa anche con lui, ma devo dire cercando di prospettare anche un futuro diverso e mettendo questa decisione in un’ottica anche di rilancio, da parte delle persone c’era stata anche una grande consapevolezza e una grande disponibilità ad accettare un momento, comunque di passaggio, che potesse essere difficile.
Quindi, dal mio punto di vista, almeno per l’esperienza che abbiamo avuto, diciamo, la motivazione ecco dei soldi o comunque economica è sempre relativa, nel senso che le risorse si possono trovare, sono intorno a noi e sono nelle persone con cui ci relazioniamo, che possono contribuire ad una causa nel momento in cui sono chiamate in causa e rese partecipi.
Un episodio negativo ed uno positivo
Se devo pensare a un evento negativo, penso alle fasi iniziali in cui sono entrata in azienda, in quanto, diciamo, in quel periodo c’è stata appunto una compresenza con mio padre, che per quanto, diciamo, fosse comunque un punto di riferimento per tutta l’azienda e anche per noi sorelle, aveva comunque delle modalità, delle visioni diverse dalle nostre. In quel periodo noi abbiamo avviato un’attività di consulenza e di affiancamento con un consulente ed era molto difficile riuscire a coinvolgere in maniera positiva le persone e a strutturare, diciamo, anche delle attività che fino a poco prima non venivano portate avanti. Per me è stato molto difficile accettare, ad esempio, che in alcuni casi mio padre per primo non appoggiasse queste attività e in effetti creasse anche un po’ di scompiglio.
C’erano dei momenti, a volte, un po’ intensi anche tra di noi e questo è stato sicuramente un aspetto negativo iniziale, ma allo stesso tempo è stato positivo: è stato positivo perché mi ha permesso di pensare a delle modalità alternative per comunque riuscire a portare avanti quello in cui si credeva e un po’ alla volta, con pazienza, cercando appunto la relazione, cercando comunque di non mollare l’osso sostanzialmente, siamo riusciti a superare, diciamo, anche questo ostacolo e a portare avanti, comunque, quelle che erano le attività, anche con una certa soddisfazione.
Fare impresa in Italia
Non si può negare che fare impresa in Italia sia effettivamente una cosa alquanto difficile. Il contesto non sempre aiuta e, diciamo, che dal mio punto di vista, le aziende e le famiglie sono i punti cardine, anzi forse gli unici punti solidi di un reale welfare sociale. Quindi, l’azienda molto spesso deve farsi carico di situazioni che non sono magari strettamente aziendali, ma comunque sono funzionali al proseguo del business, il proseguo dell’attività. E non è sempre messa in condizione di poter effettivamente provvedere anche a questi bisogni, non strettamente legati all’attività operativa, perché, comunque, il contesto sociale e politico non è sempre favorevole.
Detto questo, trovo che la motivazione a continuare, diciamo, a fare aziende in Italia sia, proprio per questo motivo, ancora più alta, perché si capisce il valore intrinseco di fare azienda, in un contesto che evidentemente può essere sfavorevole rispetto ad altri, ad altri, diciamo, contesti anche europei e quindi sicuramente la soddisfazione sta nel fatto di dire ok, se ce la sto facendo significa che siamo veramente tosti e questa non può che essere una soddisfazione.
Le caratteristiche di un imprenditore
Certe volte l’imprenditore viene definito come un pazzo furioso, per certi versi è vero, nel senso che deve alzarsi la mattina e trovare o comunque avere in sé un forte entusiasmo e un forte coinvolgimento per poter superare le difficoltà della giornata.
In realtà questo è vero per qualsiasi persona che prenda seriamente quello che sta facendo. Secondo me, l’imprenditore di oggi deve assolutamente, prima di tutto, trovare un piacere in quello che fa e deve sicuramente avere un grado di capacità comunicativa verso i suoi collaboratori, perché ci sono tantissimi strumenti a livello operativo che si possono apprendere per gestire un’azienda, ma sicuramente la parte relazionale, la parte, diciamo, anche più umana è quella che può fare la differenza e deve essere, diciamo, una componente che viene gestita, comunque, con un buon grado di trasparenza e con una reale condivisione tra le persone.
Quindi, da un lato bisogna comunque saper gestire dei team e dall’altro coinvolgere le persone e dare alle persone degli obiettivi di crescita e chiedere alle persone di coinvolgersi tanto quanto si è coinvolti in prima persona.
Sicuramente un altro aspetto che, secondo me, contraddistingue l’essere imprenditore è il fatto di distinguersi dall’essere un affarista. L’imprenditore gestisce la propria azienda per avere un risultato economico, però nel farlo, diciamo, affronta o comunque deve, diciamo, includere nella sua attività tutta una serie di livelli, che non sono strettamente connessi solo al risultato economico. L’aspetto culturale, l’aspetto formativo, l’aspetto sociale quindi, ci sono tanti risvolti e l’imprenditore deve essere consapevole del fatto che tutte le sue azioni e le sue scelte hanno delle ricadute su più livelli.
Chiaramente, l’obiettivo finale è il risultato economico, che è un risultato che deve essere reinvestito e quindi a sua volta deve creare un valore, non solo in sé, ma anche in senso lato.
Il futuro per le nuove generazioni
Quando penso al futuro per i giovani, non posso non pensare a mio figlio che ha tre anni, quindi ha molta strada davanti. Molte, molte volte mi interrogo su quale sarà il suo futuro e in certi momenti devo dire un po’ di preoccupazione c’è, perché la complessità del contesto è sotto gli occhi di tutti.
Dall’altro lato credo che ogni generazione ha le risorse adeguate per poter affrontare le sfide del momento che vive, quindi, credo che come tutte le generazioni prima della mia e prima di quelle, diciamo, future, anche i giovani di oggi, i giovani di domani saranno in grado di cogliere il meglio appunto della società in cui vivranno, e poter rilanciare.
Sicuramente, quello che può fare la differenza, come ha fatto la differenza anche nel passato, è l’intraprendenza e la perseveranza, il fatto, comunque, di formarsi, quindi di cercare sempre un miglioramento, sempre qualcosa che ci mette nella condizione di poter fare qualcosa di diverso e di migliore rispetto a quello che è stato fatto precedentemente e sicuramente un buon grado di positività, di felicità nel fare appunto quello che si sta facendo e di convinzione.