Pierantonio Sgambaro Sgambaro S.p.A.

Pierantonio Sgambaro, Presidente della Sgambaro SpA, racconta in maniera precisa e concisa alcuni eventi che ha affrontato nel suo percorso lavorativo.

Gli inizi dell’avventura imprenditoriale

Sono Pierantonio Sgambaro presidente della Sgambaro Spa.

L’azienda è nata nel 1947. I miei nonni erano dei mugnai e decisero nel 47, il nonno con i due figli, parlo del papà e lo zio, all’epoca il papà era diciannovenne, di iniziare un’attività nuova, quindi di costruire un pastificio e produrre pasta. Si parla di un pastificio artigianale molto piccolo, all’epoca qualche centinaio di chili al giorno, non di più.

Un aneddoto che mi racconta il papà è questo, che pagarono la prima rata del pastificio con un secondo lavoro del nonno, quasi un hobby, con il miele. Il nonno era un grande apicultore e quell’anno ebbe la fortuna di avere un grande raccolto di miele e riuscì a pagare la prima rata del pastificio proprio con questa super produzione.

Per noi rimane simbolica l’ape, simbolico nei miei ricordi da bambino, a 2-3 anni assaggiavo col nonno il miele che produceva e da adulto ho capito che quel miele era un miele di acacia dolcissimo, ricordo ancora quel gusto.

I soldi per iniziare

il finanziamento per iniziare questa impresa del pastificio sono più che altro soldi di famiglia, soldi acquisiti

dall’attività di mugnai e come ho detto la grande fortuna del nonno di avere avuto una sovraproduzione di miele che gli ha permesso di pagare la prima rata senza attingere dalle casse di famiglia.

Naturalmente queste sue imprese, impresa vuol dire rischiare e credo che con i proventi della vendita della pasta sono stati poi reinvestiti sicuramente nel pagare le rate successive.

Un episodio negativo ed uno positivo

Se penso ad un evento spiacevole negativo, penso più a un periodo in cui abbiamo dovuto scegliere cosa fare, parliamo fine anni duemila, 1998 – 99. All’epoca la Sgambaro produceva due linee di prodotti, una più un entry level quindi più scadente, un prodotto per discount e l’altro voleva essere un prodotto di qualità.

Il momento è stato quasi drammatico – cosa facciamo, cosa facciamo, scegliamo la qualità e quindi poca quantità o scegliamo di ingrandirci con il prezzo basso e quindi lavorare in copacker o per il discount e quindi far esplodere il fatturato?

È stato un momento drammatico perché non si sapeva cosa il mercato avrebbe chiesto nel futuro, però ho seguito quello che è un istinto, quello che è un sogno, quello che è una voglia di far bene e quindi all’epoca abbiamo scelto di tagliare, di togliere, parliamo di miliardi di fatturato, ridurre il fatturato del 30-40%.

Fortunatamente una buona parte del personale andava in pensione e questo non ha creato problemi sociali all’interno dell’azienda. Abbiamo diminuito il nostro fatturato con grande dolore, però posso dire che a distanza di anni, a distanza di anni la scelta è stata vincente perché ci siamo concentrati sulla qualità, abbiamo creato un bel brand riconosciuto come di alta gamma e oggi siamo in piedi sulle nostre gambe.

Lavoriamo con soddisfazione e a fine anno possiamo dire che riusciamo a pagare i nostri fornitori, i nostri agricoltori, i nostri dipendenti e rimane qualcosa anche per l’azienda per poter crescere e investire.

Fare impresa in Italia

L’icona dell’Italia è pasta e pizza.

Quindi produrre pasta in Italia vuol dire avere un plus anche da esportare di notevole valore. Il pastificio deve rimanere in Italia se vuole mantenere quella logica, quel sound, quel valore quell’alto valore che l’Italia dà. Il giapponese di turno se deve scegliere tra una pasta prodotta in America o in Italia sceglie decisamente la pasta prodotta in Italia. Abbiamo anche tutto un know-how attorno a noi, quindi parliamo di chi costruisce le macchine, di chi fornisce l’imballaggio, i fornitori di grano, gli operai stessi che sono impregnati di questo mondo, per cui per noi è molto più semplice fare un prodotto di eccellenza qui in Italia.

Le caratteristiche di un imprenditore

Penso a me che anche da bambino, ragazzino seguivo il papà nei campi di grano, lo seguivo nei suoi viaggi in borsa merci e via. Qualche sogno lo percepivo in quel momento, cioè mi piacerebbe fare, mi piacerebbe arrivare. Quindi non è banale dire che un imprenditore deve essere anche, tra virgolette, una persona che sogna, che guarda avanti, che guarda anche più in alto di quello che può vedere, ma soprattutto deve scoprire cosa c’è dietro una curva e dietro all’altra.

Il futuro per le nuove generazioni

Quando penso a un giovane cosa, cosa può fare: io credo che anche un giovane di media intelligenza, ma di grande passione, di grande volontà possa arrivare dove vuole.

Io l’ho visto con me stesso, io mi reputo una persona più che normale, però con il sacrificio, con la passione e con, dicono 10.000 ore minimo di duro lavoro, si arrivi a un risultato ottimale, arrivi dove volevi arrivare.

Mi immagino di essere oggi un giovane che debba pensare al suo futuro come imprenditore, la prima cosa che farei, viaggerei, farei esperienze all’estero, mi muoverei in vari ambienti prima di decidere veramente cosa fare. Perché mi rendo conto che il mondo fuori, anche dall’Italia, corre corre molto più velocemente di qui.

Per cui percepire dove va il mercato e percepire cosa vuole la gente e come certi Paesi si stanno muovendo, potrebbe essere un’ottima esperienza, un ottimo bagaglio per riportare qui in Italia innovazione e impresa.

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