Sebastiano de Corato Azienda Vinicola Rivera SpA

Sebastiano De Corato, Azienda Vinicola Rivera SpA, ci accompagna in un’analisi del percorso che richiede il cambiamento e l’innovazione nel campo viti-vinicolo. Si parla di 15-20 anni, quindi le azioni che si vanno a intraprendere sono a lunghissimo tempo.

Gli inizi dell’avventura imprenditoriale

Sono Sebastiano de Corato, sono titolare, insieme a mio fratello e a mio padre, che è ancora impegnato in azienda, delle Cantine Rivera, che è un’azienda vinicola in Puglia, in particolare localizzata nel centro della Puglia, in quella che è la denominazione chiamata Castel del Monte, che è il monumento rappresentato dal quadro alle mie spalle e quindi ci occupiamo di produzione e commercializzazione di vini, di vini DOC, insomma, diciamo, di qualità e di immagine.

Si tratta di un’azienda vinicola storica, è stata fondata da mio nonno, quindi alla fine degli anni quaranta, quindi che è una storia abbastanza lunga, insomma ci avviciniamo alla sessantanovesima vendemmia, che produce vini tipici della “DOC Castel del Monte”, con tante, tante tipologie tra vini bianchi, vini rosati, vini rossi e anche vini dolci, ma all’incirca la produzione di un milione di bottiglie. L’azienda gestisce circa 75 ettari di vigneto e vende insomma i suoi vini sia nel mercato, diciamo, locale, che significa la Puglia che nel resto d’Italia e poi in tutto il mondo, esportando in una quarantina di Paesi in tutto il mondo: il più lontano, per far capire un po’ è La Nuova Zelanda, insomma si arriva ad avere in tutti i mercati mondiali.

Quindi, è considerata un’azienda un po’, non solo storica per il numero di anni, ma anche un’azienda di eccellenza nell’ambito della produzione dei vini pugliesi, cosa insomma che è una delle cose impegnative per un’azienda diciamo storica quella di rimanere e mantenere un po’ un primato; a volte aziende storiche possono diventare aziende vecchie, quindi la cosa importante visto che nel settore del vino negli ultimi anni, negli ultimi 20 anni in particolare in Puglia non c’è stato un grande fermento, tante nuove aziende. Per un’azienda storica c’è il vantaggio di aver cominciato tanti anni fa, ma bisogna mantenersi, mantenersi giovani e questo attraverso anche l’innovazione.

Io in particolare sono in azienda da ormai 20 anni, mi occupo prevalentemente della parte, diciamo, la parte commerciale, quindi marketing e direzione commerciale sia in Italia sia nell’estero e sono un po’, sono diventato un po’ la faccia dell’azienda anche nella comunicazione.

I soldi per iniziare

Io sono un imprenditore di terza generazione, si dice che la terza è quella che distrugge, speriamo, speriamo di no, ma per quanto riguarda diciamo l’inizio della dell’avventura, insomma della nascita della Rivera, quindi, posso raccontare un po’ quello che è successo a mio nonno.

Diciamo che l’azienda è nata, l’azienda vinicola è nata su un’azienda agricola che era già esistente, era di proprietà della famiglia di mio nonno, quindi, in un certo senso, la parte del capitale, dei vigneti e della cantina, c’era già una cantina preesistente, ma era usata in maniera, diciamo, non come attività principale e quindi non c’erano grandi attenzioni e quindi non c’erano grandi risultati.

L’inizio della Rivera è stata più una questione di volontà, di avere un obiettivo, cioè quello di commercializzare, produrre e commercializzare vini pugliesi di qualità, cosa che fino ad allora non era mai stata fatta. Non esisteva un brand, quello che oggi chiamiamo brand o marchio, quindi questo è stato un’idea in parte produttiva, cioè migliorare la qualità della produzione, ma soprattutto un’idea di marketing, di dare un nome e un volto a un vino che prima non aveva. Come succedeva nel, come dire, negli anni del boom economico, le cose erano un po’ più facili, perché forse non c’era niente, c’erano poche aziende e quindi c’era un mercato che era un po’ da creare, ma poi non c’erano grandi, grandi realtà con cui competere ed è tutto cominciato diciamo in piccolo, come una piccola avventura, una piccola scommessa che poi pian piano ha preso piede. Quindi, diciamo, che sotto l’aspetto dell’investimento iniziale probabilmente non c’è stato un grande, una grande necessità di capitale perché i vigneti già esistevano, la cantina già esisteva, è stata più una questione di volontà e di visione, piuttosto che di capitali.

Cosa che invece diciamo oggi, nella produzione di vini, l’aspetto patrimoniale è molto importante, soprattutto se si vuole, diciamo, crescere, migliorare, perché il settore vinicolo è un settore in cui c’è bisogno di fare investimenti a lunghissimo tempo, sia per quanto riguarda i vigneti, i vigneti hanno una vita, diciamo, economico-finanziaria di 20-25 anni e poi anche la cantina, a parte la struttura, gli impianti sono una parte molto importante, quando si arriva al cambiamento, siamo proprio in questa fase di sostituzione di alcuni impianti o di miglioramento in alcuni impianti, gli investimenti sono veramente importanti e con ritorni anche lì a lunghissimo, a lunghissimo tempo. Quindi, parliamo di 10- 15-20 anni e quindi a parte il capitale, bisogna essere ben sicuri di quello che si vuole fare, perché bisogna pensare alla fine a sfruttare l’investimento, cioè a realizzare quanto in programma, non per cinque anni, ma per 15-20.

Un episodio negativo ed uno positivo

Più che di episodio, posso raccontare delle fasi, visto che l’azienda ha vissuto tanti anni e quindi ha vissuto fasi, alcune più positive e alcune meno. Intanto l’episodio, le fasi positive sono state proprio quelle che hanno decretato la nascita dell’azienda. Il nonno si è trovato a produrre vini, diciamo, locali, tradizionali della zona quindi un vino bianco, un vino rosato e un vino rosso e un po’ per fortuna si è trovato tra le mani questo vino rosato, che è stato quello che proprio agli inizi degli anni cinquanta ha decretato il successo dell’azienda, tanto che era addirittura, parliamo del mercato italiano, era  associata, Rivera era l’azienda del vino rosato, quindi le dava un primato in una certa categoria che andava molto, molto di moda in quegli anni e che ha permesso all’azienda di crescere, dato anche a mio nonno la confidenza di continuare a investire, costruire una nuova cantina dopo solo, insomma, dieci anni di vita, una nuova sezione moderna della cantina.

Solo che poi appunto le cose cambiano, le tendenze e le mode cambiano, negli anni settanta la categoria rosato ha cominciato a soffrire e quindi da essere prodotto trainante, il rosato rischiava di diventare il prodotto che ci trainava verso il basso e quindi sicuramente sono stati anni un po’ più difficili, ma in cui poi è venuto fuori, ecco, l’imprenditore. In questo caso era mio padre che si era affiancato a mio nonno nel frattempo, che ha avuto l’intuizione di cercare di diversificare verso i vini bianchi, che invece cominciavano ad andare più di moda in quegli anni, rischiando, quindi provo a impiantare per la prima volta in Puglia vitigni non autoctoni cioè vitigni di altre regioni, addirittura di altre nazioni e quindi parliamo delle varietà a bacca bianca internazionali Chardonnay e Sauvignon che non erano mai stati impiantati in Puglia e che anche abituati a un clima più fresco rispetto a quella della Puglia, comunque un esperimento che ha avuto successo e che ha diciamo spostato un po’ la produzione dell’azienda verso i vini bianchi che ancora oggi sono una parte importante della nostra produzione, quindi ha permesso di limitare i danni da una parte e dare ulteriori prospettive di sviluppo all’azienda.

Quindi anche a volte, diciamo, episodi o i momenti negativi spingono a trovare soluzioni quindi per la sopravvivenza, anzi per lo sviluppo.

Fare impresa in Italia

Perché ci sono tante, tante cose da valorizzare. Si può trattare di competenze, quindi competenze di persone, insomma che possono creare impresa o aggiungere valore alle imprese che purtroppo spesso pensano, si rendono conto che forse è più facile valorizzarle fuori dall’Italia e perché ci sono anche prodotti, pensiamo un po’ all’agroalimentare quel che è un po’ il mio campo, tanti prodotti che possono essere valorizzati.

Quindi la valorizzazione, creare impresa per valorizzare questi prodotti; la parte difficile ovviamente, tanto facile dirlo, ma è sicuramente meno facile farlo, meno facile farlo, fare impresa perché oggi c’è tanta, tanta competizione, sì sana competizione, però questo significa che per poter avere successo nei progetti d’impresa è importante essere molto bravi, per poter emergere rispetto a quello che accade sul mercato.

Quindi, ci vuole non solo entusiasmo, l’entusiasmo va bene, ma ci vuole anche una giusta visione, anche tanto realismo perché a volte l’entusiasmo ti può portare a fare, diciamo, cose o passi più lunghi, il passo più lungo della gamba o anche, anche semplicemente mettere su, a realizzare un’impresa che poi non riesce ad avere un reale sbocco. Perché alla fine quello che conta e che comanda, che decreta il successo e l’insuccesso delle iniziative è il mercato.

Tutto questo nonostante diciamo l’ambiente, nel nostro Paese spesso non sembra aiutare, anzi sembra quasi frenare o comunque non rendere facile il fare cose, ottenere cose che sono alla base dell’attività d’impresa.

Le caratteristiche dell’imprenditore

Le caratteristiche di un imprenditore è un po’, diciamo, è difficile, di nuovo da una parte ci sono le competenze, cioè quelle che si acquisiscono, possono acquisire con lo studio o con l’esperienza, ma poi c’è una questione, diciamo, di personalità nel senso che penso che l’imprenditore deve essere sempre in tensione e la tensione nel fare bene le cose e nel far fare bene le cose ai propri collaboratori e insieme ai propri collaboratori.

La tensione di pensare sempre nuove vie, nuove soluzioni, perché appunto la vita dell’imprenditore è la ricerca di soluzioni per poter portare avanti un proprio progetto. Le soluzioni servono perché ogni giorno, ogni momento ci sono problematiche, possono essere problematiche tecniche, problematiche di mercato, l’imprenditore deve fare un salto ad ostacoli, deve essere sempre pronto a saltare o schivare ostacoli di vario genere per poter raggiungere un obiettivo.

Il futuro per le nuove generazioni

Il messaggio ai giovani è quello intanto di accumulare esperienze e competenze che significano da una parte per i giovanissimi studiare e studiare perché senza basi solide anche teoriche o diciamo di studio sono cose che poi servono e comunque fare esperienze, che possono essere anche esperienze diciamo di vita o di lavoro, le più semplici, da fare il cameriere, anche di fare un’esperienza all’estero, vedere come funziona il mondo, la cosa diciamo importante, il rischio che poi quando si vede come funziona il mondo fuori dal nostro Paese, magari si dice meglio rimanere fuori.

Dico fare esperienze e portare queste esperienze nel nostro Paese, bisogna, da una parte serve a creare un bagaglio che poi servirà, potrà essere messo a frutto nel momento in cui si fa, si intraprende, piuttosto anche per capire cosa si è più portati a fare, quindi quali possono essere i campi in cui ci si può specializzare o approfondire, magari tirar fuori idee che possono diventare idee imprenditoriali, bisogna fare, fare e fare il più possibile poi tutto tornerà.

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