Virginio Carestiato Cael Srl

Virginio Carestiato, CEO di Cael Srl, è un esempio di imprenditore che nasce dal desiderio di fare bene per l’Azienda, dove inizialmente lavorava da dipendente, per poi arrivare alla sua acquisizione.

Gli inizi dell’avventura imprenditoriale

Mi chiamo Carestiato Virginio, sono il titolare e amministratore di questa azienda che si chiama Cael, che è un’azienda che si occupa di automazione industriale e cioè vende componenti per automatizzare i processi produttivi nelle industrie, nelle aziende sia che queste siano aziende nel settore alimentare, tessile, legno, marmo, food beverage e qualsiasi attività aziendale che abbia un’esigenza di automatizzare un processo produttivo.

L’azienda è nata nel 1985 e io sono stato il primo dipendente, due anni dopo in questa azienda. Con il passare del tempo l’azienda ha assunto dimensioni, con crescite non esponenziali, ma continue, fino ad arrivare a una realtà odierna di circa 12 persone impiegate. Io nell’ambito del mio lavoro ho iniziato proprio facendo il factotum, quindi passando dalla gestione degli ordini, alla gestione del pacco da spedire, a fare la fattura, piuttosto che la prima nota. Quindi ho avuto la possibilità, che ritengo importante, perché mi ha permesso di vedere tutti gli aspetti della gestione di un’azienda. Pensavo già che l’azienda potesse diventare più grande di quello che in realtà era all’inizio. Quindi, c’è un aneddoto da raccontare, che mi portava a rispondere al telefono con voci diverse in funzione del momento e cioè se rispondevo come amministrativo o come gestore dell’ordine, piuttosto che come magazziniere. Questo, per far sì che il nostro cliente avesse un’idea di avere un fornitore che fosse di dimensioni diverse, da quella che in realtà era l’azienda all’inizio.

Nel corso degli anni ho avuto l’opportunità di entrare a far parte della società, dapprima come socio con una quota molto contenuta e poi via via facendo dei passi, che io ritengo l’incoscienza a volte ti porta a fare, e quindi acquisendo le quote dell’azienda fino a diventarne poi oggi il titolare. L’Incoscienza perché, a volte secondo me, se c’è troppa coscienza certe scelte non si fanno e quindi l’incoscienza ti porta, poiché non conosci, ti porta a fare dei passi che oggi magari, con la consapevolezza dei rischi corsi, potrebbero essere più difficili da compiere. Sono passi che devono comunque nascere da dentro, devono esserci degli stimoli interni, che non sono quelli di raggiungere il denaro, ma sono quelli di raggiungere magari una posizione diversa nella società, mantenendo fede però a degli ideali importanti che riguardano la persona. Cioè, sempre cercando di rispettare le persone, perché magari lo scopriremo poi in altri ambiti: io credo che il rispetto della persona sia la cosa principale per riuscire a portare avanti un’azienda e per primo rispettare i propri collaboratori.

 

I soldi per iniziare

Incoscienza, incoscienza nel fare l’imprenditore secondo me serve, c’è una base di non sapere, che è necessaria e che va abbinata alla parte del sapere. Ci deve essere un bilanciamento, ma ci deve essere anche uno stimolo poi interno della persona. Quindi, l’incoscienza è quella di decidere di rilevare le quote societarie di un’azienda, non avendo la disponibilità economica per farlo e rivolgendosi quindi agli istituti di credito che, sappiamo ti finanziano, non sulla base di progetti americani dove finanziano il progetto, ma sulla base di certezze economiche, la capacità di restituire poi i prestiti. Ecco le banche in questo senso servono e sono state comunque un punto determinante per poter arrivare a fare le acquisizioni che io ho fatto dell’azienda stessa.

L’incoscienza sta nel decidere di indebitarsi per cifre, che possono essere a volte con un rapporto 1 a 100. Questa, secondo me, è una parte di incoscienza e non so se sia anche parte del coraggio. Credo che il coraggio sia legato alla coscienza e che quindi alcune volte l’incoscienza deve predominare sul coraggio stesso.

 

Un episodio negativo ed uno positivo

L’acquisizione di un’azienda comporta alle volte il dover fare delle scelte che possono rivelarsi positive o negative e nel percorso di una società, nel percorso imprenditoriale queste cose accadono sempre. L’importante è capire come superare quelle negative e come fare tesoro di quelle positive. Io credo che gli eventi positivi o negativi che siano, siano sempre legati alle persone, per cui un evento positivo è determinato da persone che possono dare un apporto positivo, e un elemento negativo può essere sempre una persona che invece ostacola il perseguimento di un obiettivo.

Quindi, nel mio caso, io direi che l’evento negativo è stato aver incontrato delle persone che hanno rallentato alcuni processi di sviluppo dell’azienda, ma l’elemento positivo è stato aver incontrato persone che invece ne hanno accelerato questo stesso percorso. Quindi, credo che sia importante saper riconoscere e accerchiarsi e avere collaboratori con i quali riuscire ad avere sempre rapporti e confronti, per poter fare passi avanti e perseguire un obiettivo, che poi è quello dell’azienda, ma anche quello personale.

 

Fare impresa in Italia

Essere imprenditori in Italia o essere imprenditore all’estero, e se è estero è un estero per noi Europa, o è un estero poi più lontano? Io credo che essere imprenditori in Italia sia importante, perché per la poca esperienza che ho, ma che comunque ho maturato, perlomeno a livello Europa, l’Italia è una Nazione che ha avuto domini, ma è stata anche dominata. Questo, ha portato una cultura nella popolazione, che poi è, se vogliamo vederla bene, un po’ spaccata tra sud, centro, nord con delle differenziazioni che sono comunque importanti, sociali e che andrebbero rispettate.

Però, il nostro essere abituati a dover superare anche degli ostacoli, ci aiuta, a rimanere pensanti, rimanere con una propria identità e cercare di affrontare e superare l’ostacolo senza essere condizionati da una massa di fattori esterni, che possono essere visti come un pregio, soprattutto se dati da un ente che si può chiamare Stato o comunque da un sistema che ti salvaguarda, ma dall’altra parte diventa un limite perché appena appena troviamo un ostacolo non lo sappiamo superare. Quindi imprenditoria in Italia significa fantasia, significa cultura, significa di nuovo rispetto del nostro Paese, che può avere delle peculiarità estremamente forti, se confrontato con altri Paesi, anche della semplice vicina Europa, ma sono caratteristiche che ci fanno poi conoscere nel mondo.

Noi viviamo ancora un po’ di luce riflessa, di questi grandi che hanno portato il nostro Made in Italy fuori dall’Italia. Dovremmo cominciare a rilavorarci sopra, perché è importante riuscire a esportare non solo la pizza e il mandolino o le cose brutte della nostra Italia, è importante esportare anche le cose belle. L’Italia è stata un paese dominato e dominante nella storia, nella storia più recente noi siamo stati in qualche maniera la Cina dell’Europa, cioè quel Paese che aveva capacità produttive a basso costo e dove tutti venivano ad investire per farci lavorare. Noi, oggi ci lamentiamo a volte della Cina e di quello che la Cina può portarci via, in realtà, noi possiamo prendere molto dalla Cina, se guardiamo alla Cina come agli altri Paesi, cercando di rubare e acquisire quelle informazioni, quelle tecnologie che sono proprie di ogni Paese, che possono arricchirci nel produrre e nel fare impresa a livelli sempre più alti.

 

Le caratteristiche di un imprenditore

Essere imprenditore per me cosa significa? Significa avere sempre rispetto delle persone, perché il rispetto delle persone porta il rispetto dell’ambiente, porta il rispetto del Paese in cui vivi, porta al rispetto di un sistema. Noi imprenditori abbiamo il dovere di dover dare, a mio avviso, anche educazione, quindi agire con il rispetto e insegnare, all’interno della propria azienda, educazione e far capire che dove inizia la libertà del vicino, termina la nostra, penso, sia una cosa importante da trasmettere a tutti i livelli e che forse oggi nella nostra società è un po’ messa in disparte.

Essere imprenditore non vuol dire arricchirsi e far denaro, vuol dire partire con degli ideali e una conseguenza è quella di, se uno poi ci riesce, avere anche un ritorno economico, ma in primis è perseguire un proprio ideale.

 

Il futuro per le nuove generazioni

Quale è l’eredità che noi lasciamo ai nostri figli o comunque ai giovani che stanno arrivando? I giovani hanno un vantaggio, che può essere uno svantaggio, vivono in un mondo che li sta proiettando a velocità elevatissime e li costringe a stare al passo con questa velocità. Noi abbiamo avuto sicuramente dei tempi di attuazione, dei nostri progetti, più lenti e questo ci ha permesso di passare anche attraverso questi ultimi decenni in cui la tecnologia ci ha portato a evoluzioni importanti, riuscendo ad avere la capacità per acquisirla questa tecnologia.

I giovani, oggi sono costretti a correre, e questo correre spesso li porta ad essere uniti in gruppo e a non avere più una propria individualità.  Io credo che sia necessario che all’interno del gruppo, ognuno rimanga con la propria testa pensante, ognuno porti avanti un proprio credo e non si debba conformare per forza a stereotipi che oggi sono dettati dal mondo consumistico, dalla moda o quant’altro. Il proprio io è importante, è importante riuscire a portarlo oltre questi concetti, che in qualche maniera fanno la ricchezza dell’imprenditore. Qui c’è il controsenso, perché sempre più ci spingono a consumare, ad usare prodotti, perché questi prodotti devono essere venduti, ma allo stesso tempo ci fanno cadere in stereotipi, per cui se non abbiamo quel modello, quel tipo di vestito, di abbigliamento, il mondo intorno a noi non ci riconosce come soggetto.

Io credo che il messaggio, sempre più da dare ai giovani, è di restare sé stessi, di provare a non conformarsi, ma di avere una propria identità, un ideale da portare avanti e riuscire anche a utilizzare tutto quello che è oggi il mondo dell’elettronica e di quello che ci circonda a proprio vantaggio, non diventarne vittime.  Perché, noi dobbiamo avere gli strumenti per vivere meglio, non dobbiamo assecondare gli strumenti che ci costringono a correre dietro agli eventi. Quindi il messaggio ai giovani è di guardarsi attorno, essere curiosi, capire cosa c’è intorno, ma non essere per forza una parte passiva del branco. Alle volte il branco serve, ma serve esserne parte attiva.

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